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mercoledì 14 novembre 2012

Redemption, progetto spaziale italiano per ripulire lo spazio dai detriti

L'immondizia è un incubo anche per il nostro universo. A essere diventati un problema esponenziale sono soprattutto i pezzi inutilizzati dai satelliti, per via della collisione e frantumazione dei detriti. La soluzione arriva dal Laboratorio di Robotica spaziale della Seconda Facoltà di Ingegneria di Forlì-Cesena, diretta dall'Università di Bologna.


Il progetto si chiama '' Redemption '' (Removal of Debris Using Material with phase transition - Ionospherical tests) ed è un nuovo sistema d'attacco contro la spazzatura spaziale. Si tratta di una speciale schiuma spray che si appiccica ai detriti vaganti con estrema forza grazie alla sua natura molecolare. Questo composto è infatti formato da catene di poli-uretano, ossia una sostanza che si espande rapidamente, diventando subito rigida. Basta spruzzare la speciale schiuma sulle macerie in orbita e dopo qualche istante la sostanza si gonfia fino a dieci volte, solidificandosi e appesantendo gli oggetti, i quali finiscono per precipitare sul pianeta Terra, bruciando a contatto con l'atmosfera. Questo sistema di '' pulizia spaziale '' è stato scelto dall' Esa ed è già in fase di sperimentazione a bordo di un razzo-sonda lanciato a marzo 2012. Quando pensiamo allo spazio immaginiamo un’immensità sconfinata e pura, libera da ostacoli a perdita d’occhio. Da quaggiù non ce ne accorgiamo, ma la volta stellata al di sopra di noi è tutt’altra che sgombra da rifiuti. Pezzi di satelliti, rottami di razzi e navicelle, minuscoli frammenti di corpi celesti rendono talmente densa l’atmosfera, che si può parlare di veri e propri rifiuti spaziali.


Il fenomeno comincia a essere rilevante, se la NASA ha dichiarato che negli ultimi dieci anni i rifiuti spaziali sono addirittura raddoppiati! Dal Sol Levante ci hanno già provato a ripulire il cielo, grazie a giganti reti da pesca che si aggirano sopra le nostre teste, ma alcuni ricercatori italiani hanno pensato a una soluzione molto più radicale. La questione è preoccupante: bisogna considerare che il fenomeno è un processo a catena che si autoalimenta. Anche introducendo in orbita satelliti che rispettano tutti i massimi requisiti di sicurezza in 200 anni avremo il 30% in più della quantità di oggetti spaziali inattivi orbitanti intorno alla Terra. Come spiega Claudio Portelli, esperto di problematiche relative a detriti spaziali, attualmente il 95% degli oggetti che orbitano intorno al nostro pianeta è spazzatura: “si stima che nello spazio ci siano circa 21.000 oggetti rilevabili dalla Terra. Questo vuol dire che solo il 5% degli oggetti è attivo. Tutto il resto è spazzatura”.


Oltre alla velocità con cui viaggiano, desta preoccupazione il numero degli oggetti potenzialmente pericolosi che l’uomo ha abbandonato nello spazio. Secondo dati diffusi dalla NASA, si conoscerebbe l’esistenza di circa 22.000 pezzi orbitanti di dimensioni rilevabili dagli strumenti. Questo movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. Di ogni rifiuto spaziale conosciuto è stata calcolata l’orbita. Il problema più grande è rappresentato dalle centinaia di migliaia di pezzi così piccoli da non poter essere individuati, veri e propri proiettili vaganti. Non basta: in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita circa 1.150 nuovi satelliti. Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere "pulito" lo spazio. L’Università di Bologna ha messo a punto questo spray che potrebbe ridurre il problema. La particolare schiuma, che si espande fino a 10 volte e s’indurisce, agisce attaccandosi al detriti causandone la fuoriuscita dall’orbita terreste o la caduta in modo che sia l’atmosfera a bruciarli. Questa verrà spedita nello spazio nel marzo nel 2012 tramite un razzo sonda dell’Agenzia Spaziale Europea che partirà dalla base di Kiruna (Svezia). L’altra opzione possibile per liberarsi definitivamente da un detrito spaziale è di agganciarlo al satellite per trascinarlo lontano da quelle che sono le orbite di volo e dunque da quello spazio in cui la sua presenza rappresenta un problema.

domenica 4 novembre 2012

Si è formato un nuovo pianeta?

Una recente osservazione sta mettendo in crisi la teoria sulla formazione dei pianeti. L'oggetto celeste in questione è una stella, dal poco affascinante nome di TYC 824126521, che, come tutte quelle appena formatisi, aveva intorno un disco di polveri. 


Da questa polvere hanno normalmente origine i pianeti: essa si aggrega in granuli grossi come ciotoli, poi via via in oggetti sempre più grandi fino a formare i pianeti. Secondo la teoria, però, questo processo richiede centinaia di migliaia di anni, se non milioni. TYC 824126521 è stata invece osservata nel 2008 e poi nel 2010, quando è arrivata la sorpresa perchè, secondo Carl Melis, dell'Università della California, il disco è praticamente scomparso. E' andato a formare un nuovo pianeta? A quella distanza, 450 anni luce, il pianeta è impossibile da osservare: ma se così è andata allora significa che i pianeti extrasolari, già abbondanti, potrebbero essere ancora più numerosi.

fonte: L'Espresso, n. 44 - 1 novembre 2012, pag. 113

giovedì 3 maggio 2012

In diretta il buco nero che divora e ingoia la stella (da Corriere.it)

Un team di astronomi dell’Università 'Johns Hopkins' di Baltimora (USA), sono stati spettatori di un epocale fenomeno cosmico: in tempo reale hanno osservato un buco nero che divora e assorbe una stella e ne hanno ricostruito l'evoluzione al computer. Gli astronomi si trovano ormai d’accordo che al centro della maggior parte delle galassie si trovino enormi buchi neri, pari a milioni di masse solari. Fintanto che non assorbono nessuna materia stellare, i buchi neri si trovano in una sorta di letargo. Tuttavia, se una stella si avvicina troppo a loro, può essere lacerata da un’eccezionale attrazione gravitazionale. Come riferisce la rivista scientifica Nature, il gruppo di ricercatori coordinato da Suvi Gezari, sono stati testimoni di un evento cosmico raro: una stella, probabilmente una gigante rossa, si è avvicinata troppo a un buco nero ed è stata squarciata per effetti mareali. Edo Berger, del Centro di astrofisica americano Harvard-Smithsonian di Cambridge (Massachusetts), ha spiegato così la scoperta: «Abbiamo assistito in tempo reale alla morte di una stella e alla sua digestione». Simili eventi di distruzione mareale non capitano tutti i giorni. Gli esperti stimano infatti che in ogni galassia se ne verifichi uno ogni 10 mila anni. Ma com’è stato squarciato l'astro? Il malcapitato percorreva un’orbita molto stretta attorno al buco nero; è girato vorticosamente e si è notevolmente riscaldato. Infine, prima di scomparire completamente, ha brillato ancora un’ultima volta. Un vero e proprio «dramma cosmico», riassumono gli studiosi...(CONTINUA)
(a cura di elmar burchia dal Corriere.it)
fonte: http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_maggio_03/buco-nero-mangia-stella-burchia_8190bc1e-951d-11e1-ad93-f55072257a20.shtml