L'immondizia è un incubo anche per il nostro universo. A essere diventati un problema esponenziale sono soprattutto i pezzi inutilizzati dai satelliti, per via della collisione e frantumazione dei detriti. La soluzione arriva dal Laboratorio di Robotica spaziale della Seconda Facoltà di Ingegneria di Forlì-Cesena, diretta dall'Università di Bologna.
Il progetto si chiama '' Redemption '' (Removal of Debris Using Material with phase transition - Ionospherical tests) ed è un nuovo sistema d'attacco contro la spazzatura spaziale. Si tratta di una speciale schiuma spray che si appiccica ai detriti vaganti con estrema forza grazie alla sua natura molecolare. Questo composto è infatti formato da catene di poli-uretano, ossia una sostanza che si espande rapidamente, diventando subito rigida. Basta spruzzare la speciale schiuma sulle macerie in orbita e dopo qualche istante la sostanza si gonfia fino a dieci volte, solidificandosi e appesantendo gli oggetti, i quali finiscono per precipitare sul pianeta Terra, bruciando a contatto con l'atmosfera. Questo sistema di '' pulizia spaziale '' è stato scelto dall' Esa ed è già in fase di sperimentazione a bordo di un razzo-sonda lanciato a marzo 2012. Quando pensiamo allo spazio immaginiamo un’immensità sconfinata e pura, libera da ostacoli a perdita d’occhio. Da quaggiù non ce ne accorgiamo, ma la volta stellata al di sopra di noi è tutt’altra che sgombra da rifiuti. Pezzi di satelliti, rottami di razzi e navicelle, minuscoli frammenti di corpi celesti rendono talmente densa l’atmosfera, che si può parlare di veri e propri rifiuti spaziali.
Il fenomeno comincia a essere rilevante, se la NASA ha dichiarato che negli ultimi dieci anni i rifiuti spaziali sono addirittura raddoppiati! Dal Sol Levante ci hanno già provato a ripulire il cielo, grazie a giganti reti da pesca che si aggirano sopra le nostre teste, ma alcuni ricercatori italiani hanno pensato a una soluzione molto più radicale. La questione è preoccupante: bisogna considerare che il fenomeno è un processo a catena che si autoalimenta. Anche introducendo in orbita satelliti che rispettano tutti i massimi requisiti di sicurezza in 200 anni avremo il 30% in più della quantità di oggetti spaziali inattivi orbitanti intorno alla Terra. Come spiega Claudio Portelli, esperto di problematiche relative a detriti spaziali, attualmente il 95% degli oggetti che orbitano intorno al nostro pianeta è spazzatura: “si stima che nello spazio ci siano circa 21.000 oggetti rilevabili dalla Terra. Questo vuol dire che solo il 5% degli oggetti è attivo. Tutto il resto è spazzatura”.
Oltre alla velocità con cui viaggiano, desta preoccupazione il numero degli oggetti potenzialmente pericolosi che l’uomo ha abbandonato nello spazio. Secondo dati diffusi dalla NASA, si conoscerebbe l’esistenza di circa 22.000 pezzi orbitanti di dimensioni rilevabili dagli strumenti. Questo movimento è seguito costantemente da radar e telescopi del Norad, il comando americano per la difesa aerospaziale, e dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. Di ogni rifiuto spaziale conosciuto è stata calcolata l’orbita. Il problema più grande è rappresentato dalle centinaia di migliaia di pezzi così piccoli da non poter essere individuati, veri e propri proiettili vaganti. Non basta: in dieci anni i rifiuti spaziali sono raddoppiati e si prevede che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita circa 1.150 nuovi satelliti. Diventa di vitale importanza, quindi, cercare di mantenere "pulito" lo spazio. L’Università di Bologna ha messo a punto questo spray che potrebbe ridurre il problema. La particolare schiuma, che si espande fino a 10 volte e s’indurisce, agisce attaccandosi al detriti causandone la fuoriuscita dall’orbita terreste o la caduta in modo che sia l’atmosfera a bruciarli. Questa verrà spedita nello spazio nel marzo nel 2012 tramite un razzo sonda dell’Agenzia Spaziale Europea che partirà dalla base di Kiruna (Svezia). L’altra opzione possibile per liberarsi definitivamente da un detrito spaziale è di agganciarlo al satellite per trascinarlo lontano da quelle che sono le orbite di volo e dunque da quello spazio in cui la sua presenza rappresenta un problema.
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